Simona Cozzupoli: quando l'immaginazione diventa una realtà tridimensionale

Simona Cozzupoli: when imagination becomes a three-dimensional reality

Possono le parole diventare narrazioni palpabili ai sensi? Può la meraviglia tramutarsi in un’emozione tridimensionale? Sono queste le sfide che raccoglie ogni giorno Simona Cozzupoli, un’artista milanese che ha deciso di raccontare la propria arte a Nziria. E abbiamo scoperto che quando la fantasia e l’inenarrabile si concretizzano, il risultato è davvero sorprendente.

 

Nata e cresciuta a Milano, Simona si laurea - col massimo dei voti - in Lettere, indirizzo in Storia e critica delle arti, con una tesi in Storia dell'arte contemporanea. Da dieci anni insegna storia dell’arte e materie umanistiche presso alcune scuole superiori private. Ma parallelamente cresce la sua passione per le composizioni tridimensionali, realizzate tramite una sapiente miscela di materiali. Diventa così un’artista affermata e molto popolare.

Tanto per fare qualche esempio dei suoi successi: nel 2017 ha creato personalmente il suo website. Nello stesso anno ha allestito mostre e installazioni in noti cocktail bar, caffè letterari e negozi speciali a Milano. Per esempio, BackDoor43 - noto anche come "il bar più piccolo del mondo", dove ha allestito sia la vetrina che l'interno. Ma i suoi capolavori possono essere visti anche al Mag Cafè e Bond, entrambi sul Naviglio Grande, e in tanti altri

Durante la mostra del Fuorisalone del 2019, è stata invitata dal designer Domenico Orefice ad esporre le sue opere nella sua mostra di tessuti "Mirabilis patterns", presso il prestigioso negozio Lo Studio di Via San Maurilio, in zona 5 Vie. L'ultima mostra, allestita nel Mare Culturale Urbano (centro di produzione artistica e culturale, situato in una cascina seicentesca), ha riscosso un grande successo di pubblico. Per questo motivo è stata segnalata su molti siti web e riviste online, anche sul quotidiano Mi-Tomorrow. Grazie al successo ottenuto, la mostra è stata prorogata, rimanendo in tutto per 4 mesi (da fine ottobre 2019 a fine febbraio 2020). Infine, da ottobre 2020 alcune sue opere con le figurine delle carte da gioco sono in vendita presso il Mudec Design Store.

Si può affermare che queste creazioni sfidano, in un certo senso, i confini dell’astratto. Simona esplora infatti i territori non ancora battuti della dimensione onirica, mantenendo come fil rouge il tema della meraviglia, intesa come accesso alla conoscenza. In ogni opera si scorge l’immensa cultura storica e artistica dell’artista, così come la sua totale fascinazione per il mondo dell’infanzia, e la fantasia pura appartenente ai bambini. Simona è ammaliata dalle infinite possibili combinazioni tra le parole e le immagini, che le permettono di creare storie diverse, nuove.

È anche il modo di concepire il caso in senso junghiano ad aiutarla nel suo processo creativo. Tutte queste concezioni e filosofie si traducono in preziose scatole, chiuse da un vetro, che contengono micromondi; oppure in bacheche dal sapore retrò, ampie abbastanza da contenere altrettanti universi in miniatura. Il risultato finale è dunque la creazione di una realtà eccentrica, fuori dal comune e allo stesso tempo concreta, fruibile ai sensi umani.

Nziria non si è lasciata sfuggire l’occasione per conoscere Simona ancora più da vicino.

Dici di aver imparato da autodidatta. Ma c’è stato un elemento scatenante, o un evento ben preciso che è avvenuto nella tua vita e che ha innescato in te una scintilla, portandoti a diventare l’artista che sei?

Sono convinta che il mio percorso di studi sia stato un potente stimolo alla mia naturale inclinazione creativa. Incontrare le opere degli artisti più rappresentativi nelle varie epoche storiche, sia sui libri e nei musei, ha significato per me avere a disposizione un campionario vastissimo di manifestazioni artistiche a cui attingere, più o meno consapevolmente. Non saprei dire se ci sia stato un evento specifico scatenante che mi ha portato a diventare un’artista. Sin da bambina infatti sono sempre stata particolarmente creativa. Ma posso affermare che i miei primi assemblaggi sono nati dal forte desiderio di esprimere dei concetti a me cari mettendo insieme oggetti diversi.

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L’obiettivo era quello di creare qualcosa che prima non c’era, qualcosa che fosse qualitativamente diverso dal semplice risultato della “somma” degli oggetti utilizzati in partenza. In un certo senso, posso dire che in quel periodo ho capito, con un certo grado di sicurezza e convinzione, che per indole sono portata a esprimere delle riflessioni con gli oggetti, che sono per me strumenti in grado di condensare visivamente dei discorsi. È stato in quel momento, credo, che ho capito che avrei fatto l’artista, che avrei “parlato” con gli oggetti.
Per farti qualche esempio, in “Barbie - canarini” alcune bambole sono racchiuse in una gabbia per canarini, con tanto di semi come mangime. Ricordo di aver associato i capelli biondi delle Barbie al colore giallo dei canarini. Quindi mi intrigava l’accostamento inusuale e inaspettato, in grado di generare una moltitudine di riflessioni. Una di loro inoltre, appesa con le braccia a un trespolo sospeso, mi ricordava la trapezista di un circo. Una tematica a me molto cara, che ho affrontato successivamente in diverse opere.

Another example is Homo-humus. It is an assemblage consisting of a doll with its feet planted in the earth of a vase. There is a crown of a tree instead of its head. And marker clarifies the association of the objects. It highlights the etymological kinship between the words ‘man’ and ‘earth’ in different languages, starting with Latin. And lastly, in Occhio Magico (Magic eye), two canvases glued back to back are crossed by a panoramic peephole in each door. This leads the viewer’s gaze, literally, beyond the canvas. At this point, it is rather hard not to believe that the virtual meeting with Lucio Fontana, which took place during my studies, did not influence this association of mine.

E invece quanto la letteratura ha inciso sulla tua visione artistica?

Anche la letteratura, come la storia dell’arte, costituisce per me un potente stimolo creativo. La naturale pulsione combinatoria che mi spinge ad assemblare gli oggetti o a realizzare bacheche e collage, mi indirizza spontaneamente verso l’idea di letteratura come un gioco combinatorio. “Il castello dei destini incrociati” di Italo Calvino esprime in maniera paradigmatica questa mia predilezione. Si tratta di un romanzo fantastico nel quale la storia nasce e si evolve in base alla combinazione casuale di un mazzo di tarocchi. Quando la disposizione delle varie figure suggeriva all’autore una trama dotata di senso, ecco che nasceva la storia. Ricordo che a un certo punto mi sono accorta che questo procedimento compositivo, sul piano letterario, era lo stesso che guidava le mie creazioni con le figure delle carte da gioco sul piano visivo.

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Inizialmente mi sono lasciata attrarre dalle figure contenute nel mazzo di carte napoletane. Provando a decontestualizzarle per tentare di vedere se potessero diventare altro, mi sono accorta che emergeva quasi sempre il mondo del circo. Nella donna di bastoni, per esempio, è stato facile vedere una giocoliera che lancia bastoni di profilo. Nella donna di coppe ho trovato un’equilibrista che regge una grande quantità di coppe appoggiate su vassoi in bianco e nero realizzati ritagliando il retro delle carte. Nel re di spade, frontale e con la mano sinistra aperta, pronta ad afferrare una spada, ho individuato un giocoliere che lancia spade.

Tutte queste figure, inoltre, poggiano su un piedistallo, che assottigliato diventa facilmente una fune. La posizione dei piedi dei personaggi sembra confermare questa mia interpretazione in chiave circense dal momento che, in tutti i casi, assomiglia incredibilmente a quella di un ballerino o di un acrobata.

Quale credi sia il tuo tratto distintivo, e perché questa scelta di un’arte tridimensionale?

Credo che il mio tratto distintivo sia il procedimento che sta alla base di tutte le mie creazioni: la ricerca di connessioni tra le immagini e gli oggetti che mi circondano, siano esse visive e simboliche. Questa concezione si fonda sull’idea che l’arte abbia origine dal riconoscimento di qualcosa di preesistente. Non si tratta dunque di una prerogativa dell’arte contemporanea, come si potrebbe pensare in un primo momento - vedasi il ready made di Duchamp - bensì della base costituiva dell’attività artistica stessa. 

simonaRealizzare questi collage mi permette di sperimentare le possibilità espressive della combinatorietà. La creatività, a mio parere, è un gioco combinatorio guidato dalla pareidolia. Questa è una modalità percettiva che sta alla base della nostra conoscenza del mondo e che funziona come un test proiettivo. In altre parole, poiché le nostre aspettative condizionano la nostra percezione, vediamo quello che vogliamo vedere ovunque guardiamo: nelle nuvole, nelle cortecce degli alberi, nelle macchie dei muri scrostati. E perché no, anche nei mazzi di carte, che si possono sfogliare come un libro contenente delle storie. Ed è quello che già raccomandava Leonardo da Vinci agli artisti, a dimostrazione del fatto che anche all’epoca la capacità pareidolica era considerata un vero e proprio metodo di produzione artistica. 

La mia predilezione per la tridimensionalità nasce dunque probabilmente da questo mio amore per gli oggetti poetici. Quest’ultimi si possono trovare nei mercatini dell’usato, mete privilegiate delle mie peregrinazioni artistiche alla ricerca di materiali. Anche i miei collage, in effetti, tendono alla tridimensionalità. Mi piace collocare degli spessori sotto alle immagini ritagliate, in modo che si generino delle ombre. Ma anche disporre il passe-partout ad una profondità diversa della cornice rispetto allo sfondo con la composizione, in modo da sottolineare la tridimensionalità dell’oggetto creato. “L’importante è creare oggetti, da collocare fuori di noi, bene staccati da noi”, scriveva il teorico del Realismo Magico Massimo Bontempelli, “e con essi modificare il mondo”. È un’affermazione che mi colpisce molto e che mi trova totalmente d’accordo.

C’è un’opera tra le molte che hai creato, a cui sei particolarmente affezionata e perché?

Sono molte le opere a cui sono particolarmente affezionata, e trovo difficile sceglierne una sola. Ma di solito quella a cui mi lego di più è sempre l’ultima che ho realizzato. E quindi in questo momento la mia opera preferita è “Libro contemplativo”. Un libro/oggetto illeggibile, ma attraversato da un’apertura circolare con la quale inquadrare il cielo per dedicarsi a letture “contemplative”. Il riferimento è al “templum”, ossia la porzione circolare di cielo. Questa veniva individuata da un sacerdote etrusco con il lituo, un bastone ricurvo in cima, per osservare all’interno il volo degli uccelli da cui trarre gli auspici. Quest’opera si collega alla serie di bacheche “Templum” e “Templa”, dove uno o più cerchi di cielo sono attraversati da uccellini origami in miniatura, che alludono appunto alla tecnica divinatoria degli “auspicia”, che letteralmente significa “osservazione degli uccelli” (“avis”: uccello e “spicio”: osservare).

In un momento storico così delicato come quello che stiamo vivendo, la diffusione dell’arte e della cultura hanno subìto un brusco cambiamento di rotta. I musei sono chiusi da tempo, così come i centri di aggregazione, i teatri, i laboratori culturali ecc. Secondo te, nonostante questi mesi di chiusura c’è stata una maggiore curiosità, da parte dei giovani, verso nuove forme di espressione artistica, anche grazie alle tante iniziative tenutesi online? Quanto hanno contato per te i social media per la trasmissione della tua arte? Anche nella futura vita post Covid continueremo secondo te a godere dell’arte online?

In questi tempi difficili sicuramente le iniziative online sono state indispensabili per mantenere vivo l’interesse per l’arte e certamente queste situazioni estreme possono essere terreno fertile per il sorgere di nuove idee. Ho trovato molto belle, solo per fare un esempio, le numerose iniziative in questo senso realizzate da Frattura Scomposta Contemporary Art Magazine, tra le quali la creazione di un museo virtuale che raduna le opere degli artisti segnalati dalla rivista, tra i quali compaio anch’io.

È probabile che, almeno inizialmente, ci sia stato un aumento di curiosità verso l’arte da parte dei giovani e meno giovani. Può darsi che anche nella vita post Covid alcune delle tante novità online sorte per necessità verranno mantenute. Tuttavia, non riesco a fare a meno di pensare che una vita nella quale tutte le attività umane si svolgono a distanza sia la sceneggiatura del peggiore dei film distopici che riesca a immaginare. La scuola e molte attività lavorative si sono spostate ormai da molti mesi sul web.

The desire to get away from the computer screen or mobile phone and get out of the house and meet art and people face to face is an impelling necessity. At least, it is for me. I have decided, by choice, to renounce a twenty-four-hour internet connection with my mobile phone in my daily life. I live in Milan. Personally, I  can’t wait to get back to walking through the halls of the Pinacoteca di Brera, the Ambrosiana, the Museo del Novecento, the Castle museums, and so on.

Per me i social sono strumenti formidabili per gli artisti e per far conoscere la propria arte. Personalmente faccio un uso costante di Facebook e Instagram, diventati ormai strumenti indispensabili sia in tempi normali che, a maggior ragione, in tempi di lockdown.

Chiara Grasso_ Nziria Team Home

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