L’arte di Antonio Santoro: un approccio verticale all’espressione umana

Antonio Santoro’s Art: A Vertical Approach to Human Expression

Siamo poco inclini a leggere il linguaggio delle arti con la stessa efficienza di chiarezza indotta dagli stili comunicativi di massa. Ci costa fatica la sua non democrazia di intenzioni che necessiterebbe di pensare verticalmente e attribuire spazi, oltre a quelli consueti e funzionali, a questioni di senso, di valore e di verità. Conoscendo Antonio Santoro, classe 83, artista campano e sangiorgese, formato da studi all’Istituto d’Arte di Salerno e all’Accademia di belle Arti di Roma, intuisco parlandoci che è sua una naturale vocazione alla verticalità dai primi ricordi biografici e che successivamente lo scegliere da adulto esperienze di vita non ordinarie - ha vissuto in Andalucia e alle Canarie, dove ha appreso in una comune l’alternativa e la libertà culturale di stili di vita sostenibili - conferma la sua necessità esistenziale di rendere sinergico il rapporto tra vita e arte e guardare il mondo nella sua pienezza di significati inclusivi. Il linguaggio pittorico di Santoro è estremamente umano, intrattiene una relazione con una identità personale precisa, e senza paura, anche con il contesto storico culturale del presente. E’ la modalità del segno ideografico a definire il suo mondo artistico ed è chiara come sia la rappresentazione grafica a fornire l’impressività e i criteri di metodo del suo linguaggio e che il contenuto profondo, unico e intenzionale della sua creazione sia in una dimensione relazionale di una sintesi mancata, di una semplificazione sempre impossibile di un reale separato dalla autenticità originaria ma assunto come possibile e da ricercare arditamente. Il cifrario segnico dell’artista nonostante sia informale non è rifiuto o rivolta, non è un segno indolente o nichilista. Il segno è posto su una scena narrativa che chiama in causa una ricerca e una evoluzione intesa come crescita interna che definisce una “possibilità di relazione”, un compromesso stilistico in cui la figurazione non è negata ma vede far emergere dai palpiti della materia frammenti iconici di nuove forme.

La sintesi pittorica di questa “relazione” in Santoro agisce da una originaria esplorazione in memorie repertorio fatte di note personali in cui frame di parole proposizione e forme segniche inconsce convivono accostate le une alle altre per poi essere rapprese per immagini concluse - ma lui potrebbe sconfessarmi sulla loro definitività - nella rappresentazione pittorica. In questo modo l’opera diviene nella composizione un costrutto di un apprendimento cinestetico del mondo nonostante l’inconsistenza della sua permeabilità e in tensione costante con l’alterità, disegnata e in bilico tra figurazione ed astrazione. L’annullamento della tradizionale rappresentazione prospettica (l’abbandono del punto di vista unico) fa della superficie e delle sue trame un campo di ricerca spaziale dove l’immagine umana, appare come organismo decostruito e a tratti primitivo. A questo stadio di evoluzione, l’immagine può assume tratti ideomatici più definiti perché elementari, indagare la natura delle cose e comprenderne l’artista la diversa esperienza dei corpi laddove essi confinano con lo spazio. Sequenze grafiche preordinate e controllate, in cui fattori di ricorrenza segnica e rarefazione cromatica producono campi materici a differente densità e tensione energetica sono contenute in uno spazio isomorfico in cui l’identità delle forme si processa da un gruppo di equivalenze bilanciate e dove la risultante delle emozioni rivelate possono scaturire dalla collocazione dei singoli elementi della loro strutturazione. Nei lavori dove la figurazione è celata dalla profondità materica è il valore del colore a trasfigurare lo spazio e renderlo una essenza vuota. All’espressione del vuoto dobbiamo attribuire il valore determinante che assume per lo spirito dell’uomo in ricerca, un attributo da conquistare secondo molti principi delle religiosità orientali, capace di annullare la gravità del segno per evocarlo nel tempo dell’attesa indipendentemente da quale sia il pretesto realistico rappresentato.

 

In questo momento, nelle opere che ho avuto modo di apprezzare appare il desiderio dell’artista di essere onnicomprensivo, relazionare nel suo insieme tutte le intersezioni di significato del suo messaggio artistico, eppure potrebbe in potenza, in stretta alternanza di possibilità e quando domata questa emergenza, ricollocarsi, per fornire potenza a morfemi ancora più essenziali della sua narrazione oggettivando su supporti di dimensioni superiori autonomi momenti espressivi della sua liricità di relazione.

Antonio Santoro esporrà i suoi lavori in una mostra che si terrà a fine mese presso il “Paese del vento - arte contemporanea” a Mercato San Severino. Corso Diaz 19.

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Scritto da Gerardo Califano

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