Leggera come l'Aria: L'arte di Annamaria Carelli

Feels like Aria: the art of Annamaria Carelli

Aria è un’artista salernitana, che per motivi di studio e poi di lavoro si è trasferita a Milano. I suoi sono quadri coinvolgenti: hanno il potere di trasportare lo spettatore in una dimensione onirica, popolata da elementi che sembrano usciti da una fiaba. Due sono i leitmotiv delle sue opere, le calze a righe di una lei e un cilindro di un lui. Abbiamo scoperto, intervistandola, che cosa si cela dietro questi insoliti personaggi, ricorrenti in ogni sua opera. Le abbiamo inoltre chiesto quali sono i segreti della sua arte, così magica. Infine, Aria sarà una degli artisti che parteciperà al futuro contest della 3rd Space box.

Aria: un sostantivo che, soltanto a pronunciarlo, ci induce a pensare alla leggerezza e all’impalpabilità. Di questa stessa natura è fatta Annamaria Carelli, che lo ha scelto come suo nome d’arte. Nei suoi quadri si riversa tutta la forza della sua personalità; al contempo, è possibile scorgervi quella sana voglia di leggerezza, che trasporta i suoi visitatori verso un universo tutto da scoprire.

Aria frequenta prima l’Accademia di Belle Arti a Napoli, poi si sposta a Milano nel 2007, dove si specializza all’Istituto di Design. Successivamente, lavora per un’agenzia di comunicazione come designer. In tutti questi anni, Aria ha sempre idealizzato quello che è il design, la progettazione in 3d, i rendering; considera tutto questo più “altisonante”, un lavoro che conta di più – professionalmente parlando – rispetto alla pittura. Ma quest’ultima rappresenta una parte vitale per Aria, a tal punto da non volerle più dedicare solo poco tempo. Così, nel giugno del 2019, prende la decisione di dedicarsi a tempo pieno alla sua arte. Tutta la sua forza e la sua perseveranza non potevano che essere premiate: adesso Aria espone i suoi quadri alla Galleria Pisacane a Milano, in zona Porta Venezia, e li vende attraverso il suo sito.

Molto intimo, oltre che carinissimo, il modo in cui lei si rapporta anche con il singolo acquirente: «Mi piace pensare che solo chi sceglie un quadro, innamorandosene per primo, abbia il privilegio di tenerlo con sé, o di donarlo, come una lettera spedita, che il destinatario può rileggere ogni volta che entra in una stanza»scrive sul web. Ma l’arte di Aria non si ferma alle immagini, va oltre. Riesce infatti a incantare il suo pubblico anche con delle poesie d’impatto, che sono raccolte nella sezione del blog sotto il nome di #pensieriinaria. I più significativi finiscono poi stampati su delle graziose magliette.

E’ facile insomma incuriosirsi davanti ad un artista così poliedrica. Ed è per questo che NZIRIA non si è lasciata sfuggire l’opportunità di intervistarla.

Innanzi tutto, chi è Aria? Se potessi descriverla con tre aggettivi, quali sceglieresti?

Aria è la parte creativa di Annamaria, quel pezzettino di me che ha bisogno di raccontare. Ho trovato questa parola nel mio nome un giorno, come una sorpresa. Eppure era sempre stata lì, ma io non l’avevo notata prima. Ho pensato che fosse la parola perfetta per rappresentare ciò che per me è essenziale: l’arte. Descriverei Aria con questi tre aggettivi: contorta, poetica e creativa.

Ho letto che la musica influisce tanto sulla tua arte, basti pensare alla famosissima “La Donna Cannone” di De Gregori. In che modo la musica si trasforma in dipinto? Quali sono i tuoi musicisti preferiti?

Qualche volta ho pensato che dipingo per sopportare la delusione di non saper fare musica. É una forma d’arte che adoro, perché crea una tale sinergia con le parole – altra mia grande passione – che le fa scintillare. Ma non appena provo a comprendere la musica, essa mi sfugge. La subisco dunque, ma in senso buono: me la godo, attingo da lei ispirazione. E ogni volta, puntualmente, rimango meravigliata da come qualcuno abbia potuto pensarla, crearla e suonarla. Per me la pittura ha decisamente meno segreti. Infatti, se di un’opera pittorica riesco ad individuare i colori di ogni singola pennellata, o il disegno che può esserci stato alla base, con la musica ho stretto una misteriosa amicizia; quindi, pur essendo in confidenza con questa, rimane per me un mondo arcano.

Quando poi amo una canzone, mentre l’ascolto immagino il disegno che farei corrisponda a quella strofa, o all’altra. Per esempio, “La donna Cannone” è un personaggio nato in un giorno in cui dovevo realizzare delle illustrazioni per l’animazione di un video, e proprio su 40 secondi del capolavoro di De Gregori. Ho “fermato” sul foglio la figura che avevo sempre immaginato, mentre passava in radio quel brano. Da quel giorno non ho più smesso di dipingerla.

Ho adorato Ezio Bosso. La sua musica riesce a non farmi sentire la mancanza delle parole. Ma non saprei elencare tutti i miei musicisti preferiti, sarebbero troppi. Diciamo che preferisco soprattutto i grandi cantautori italiani, e tutti quei musicisti che esaltano i testi altrui con le loro melodie.

ariaAnche la letteratura sembra essere una tua fonte di ispirazione massima. Nel tuo blog, i tuoi “pensieri in aria” sono delle chicche preziose. La lettura/scrittura ti aiuta nel processo di realizzazione di un’opera? Hai un autore che prediligi?

Sì, ho un autore preferito: Erri De Luca. Lui crea delle immagini così poetiche a parole, che spero un giorno di riuscire a ricreare con dei quadri, altrettanto carichi di poesia. Sottolineo sempre nei suoi libri le frasi che mi emozionano di più e le tengo a portata di mano per poter attingere energia e suggestioni. Così, quando mi sento meno ispirata, pesco subito le parole evidenziate che sono capaci di innescare in me un flusso creativo liberatorio. I miei #pensieriinaria invece, sono per me dei piccoli quadri, ma fatti di sole parole.

Due elementi contraddistinguono sempre i tuoi quadri. Questi sono le calze a righe (e il corpo) di una donna e un uomo con il cappello. Cosa simboleggiano per te? E come si rinnovano di volta in volta in ogni quadro?

Per me le calze a righe sono il simbolo di un circo. Quello dell’apparenza, di risate che sanno ferire, emesse da chi in pubblico si crede autorizzato a farlo. Un atteggiamento ricorrente e misero, che si verifica per strada, in metro, a scuola, in una sala d’aspetto, non appena si individua “il diverso”. Con la ripetizione quasi ossessiva di questo personaggio intendo stimolare nell’osservatore mille altre sensazioni e reazioni, ben lontane dalla risata. Voglio che si arrivi a riconoscere la bellezza, l’eleganza, la sensualità, la raffinatezza e il garbo addosso a chi non rispecchia i canoni promossi dalla contemporaneità.

L’uomo col cappello invece è la musica, l’arte, la poesia. É un personaggio schivo e silenzioso, ma affascinante. Su di lui ho scritto anche una storia sul mio blog, dal titolo L’uomo col cappello che quasi non esiste. E con quel “quasi”, intendo che è sì un personaggio nato dalla mia penna, ma non garantisco che sia immaginario. Sono arrivata a riassumerlo, nel tempo, nel solo elemento del cappello.

Infatti ormai spesso quest’ultimo spunta sulle dita di una mano vissuta, in testa ad una balena che fluttua tra le stelle, ad uno scarafaggio, ad una rondine… insomma lì dove c’è un essere speciale. E ogni volta che dipingo questi due personaggi mi spavento che sia l’ultima, perché mi sembra che abbiano detto tutto. Temo sempre che non mi verrà più un’idea nuova per rappresentarli; invece sono anni che mi si ripresentano nelle mani e mi scappano sul foglio. Menomale!

ariaNel periodo di quarantena, in molti hanno riscoperto la loro creatività nascosta attraverso la pittura, la musica, la scrittura. Tu come hai vissuto questo periodo insolito? Ha influito positivamente o negativamente sulla tua arte?

Una volta passato questo periodo, mi auguro che non ci si dimentichi di coltivare le passioni riscoperte. Esse rappresentano infatti un antidoto alla noia sottile che si annida anche nella vita “normale”, fatta di routine, ufficio e shopping. Creare qualcosa con le nostre mani può appagarci più dell’acquisto dell’ennesimo paio di scarpe, per esempio. Attività come quelle di scrivere, suonare, ridipingere una vecchia sedia, scattare delle foto e poi stamparle e incorniciarle, possono farci scoprire che a volte possiamo creare noi stessi gli oggetti che ricerchiamo spasmodicamente e in cui ci rispecchiamo. E che l’esercizio, la ricerca e la costanza, sulla base di una vera passione, possono portarci a tante belle soddisfazioni.

Ovviamente anche io, chiusa in casa, ho dipinto più che mai. I miei amici dicono scherzando che io in realtà sono in quarantena volontaria dal 1998. Questa battuta nasce dal fatto che spesso per giorni e giorni non esco se sto lavorando ad un quadro. Rimango volentieri in laboratorio, trascurando un po’ gli amici. A maggior ragione quest’anno la pittura è stata per me la migliore compagnia che potessi desiderare in quarantena. Per l’ennesima volta ho avuto la conferma che questa mi salva sempre, offrendomi costantemente ottimi motivi per affrontare la giornata. Per riconoscenza e gratitudine, da giugno dello scorso anno ho deciso di dedicare alla mia arte tutto il mio tempo e non più soltanto dei ritagli.

Chiara Grasso_ NZIRIA team home

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