Enrico Spadaro, l'artista che dipinge ciò che vede e ciò che vorrebbe vedere

Enrico Spadaro, the artist who paints what he sees and what he would like to see

Enrico Spadaro, classe 1992, è un artista siciliano che crea opere visionarie; il suo naturale talento si esprime attraverso particolari tecniche. Nziria lo ha incontrato, per capire al meglio l'essenza del suo lavoro.

enrico spadaroSe c'è una cosa che colpisce e cattura l'occhio dello spettatore guardando un quadro di Enrico,  è sicuramente la tridimensionalità di un piccolo universo, nascosto in ogni sua opera. Orginario di Modica, in Sicilia,  Enrico ha saputo sposare bene l'innata bravura con una prodigiosa visione del mondo.  «Dipingo ciò che vedo e ciò che vorrei vedere, senza una logica precisa», è ciò che sostiene.

Nziria ha voluto perciò intervistarlo, scoprendo curiosità e approfondimenti sull'artista.

Dagli studi di architettura, come sei passato alla pittura? È una passione che hai sempre avuto, oppure che è nata col tempo?

Credo non si possa parlare mai di un vero e proprio passaggio da una cosa all’altra. Piuttosto io vi ho visto un proseguimento, un evolversi di quello che siamo; ed è per questo che durante gli studi di architettura a Roma ho sentito il bisogno di esprimermi anche attraverso nuove forme artistiche. L’incontro con l’artista Massimo Catalani è stato di vitale importanza in tal senso.

Sapevo, inconsciamente direi, che volevo raccontare il mio modo di vedere le cose, di come le percepivo e di comunicarlo agli altri tramite un mezzo che non fosse la parola.  Ed è nell’atelier di Massimo che ho capito che la materia, in tutte le sue forme, riesce a comunicare e a far passare qualsiasi concetto. Il resto viene da sé. La transizione dall’architettura alla pittura è avvenuta in mezzo a polvere di Marmo di Carrara, gesso, calce e spatole, nel più semplice dei movimenti, quasi catartici, di "attaccare" calce sulle tavole di legno. Non penso si tratti di passione, perlomeno  io intendo quest'ultima come fosse un hobby che si pratica quando si ha del tempo libero. L’arte in tutte le sue forme è quello che siamo e come ci esprimiamo.

Enrico spadaroPenso di averla avuta da sempre, magari in diverse forme e che si trasformerà di volta in volta attraverso differenti modi. Non ho mai messo paletti a ciò che poteva e può essere il mezzo con cui esprimere ciò che ho in mente e immagino: da una semplice bottiglia di plastica fotoluminescente fino al pastello ad olio su gesso.

Nelle ultime opere, il mare è stato molto presente. Da siciliana (è Chiara Grasso a fare la domanda, n.d.r) a siciliano ti chiedo: quanto è importante per te inserire l’idea di isola e di mare in un nuovo dipinto? O in una nuova installazione?

La volontà di inserire il mare in modo più persistente nelle mie ultime opere  è scaturita da un momento storico particolare. Era come se vivessi nel posto più bello al mondo, in un’isola da sogno e con il mare a due passi che però non potevo vivere,  potevo solo guardarlo da una finestra immaginaria,  creata da me, in cui poter incastonare e mettere una cornice ad una bellezza così semplice e rara. Forse non volevo andare al mare, ovvero vivere dell’esperienza reale di guardarlo o di tuffarmi in mezzo ad esso. Sentivo però il bisogno inconscio di rappresentarlo, dipingerlo e farlo mio tramite i pastelli ad olio.

Enrico spadaro
L’idea di isola e di mare fa parte di me nel momento esatto in cui mi esprimo attraverso l’arte, non ha forse senso mentre lo dico, ma è così. Io vedo e sento il mare fin dai primi esperimenti d’arte come nel velo della Madonna di Antonello da Messina, nell’installazione “Andiamo tutti a mare con le acciughe”, o all’interno della serie “Frammentazioni”. O ancora, nel profondo buio della “Schiuma dei giorni di un tonno rosso”, nel fondo blu di “Petali su fiore”, all’interno di “Squarcio esistenziale marino” e  in tutta la serie “Vedere”.  Insomma, non c’è quadro, installazione o disegno che non abbia in sé l’idea di isola e di mare, perché esse stesse fanno parte di me.

Se la Sicilia fosse un quadro, che connotazioni avrebbe?
Un infinito orizzonte di mare. Come infinite sono le possibilità che ti da e inesauribili i modi per raggiungerle. E tutte queste sarebbero rappresentate da differenti tipi di materiali e forme, un miscuglio di tecniche, che da vicino sembrerebbe disordinato e caotico, ma che in una visione generale lascerebbe trasparire il senso ultimo di questa terra.

 

In passato hai partecipato a diversi progetti in cui la sostenibilità è stata la parola chiave. Come immagini il futuro dell’artista in un'ottica ambientalista?

Immagino un futuro in cui arte e lotta al cambiamento climatico sono strettamente connesse. Per me rimane inconcepibile l’arte fine a se stessa: questa deve e può dare un senso alle cose in un modo del tutto imprevedibile. Ed è per questo che i concetti arrivano molto più di pubblicità greenwashing o slogan elettorali. Se il concetto di cambiamento climatico lo lego non soltanto ad un dato scientifico ma anche ad un’emozione sensoriale, sarà più facile far passare un determinato messaggio.

Da sempre l’arte è stata un canale per trasmettere concetti, idee, sensazioni. Infatti, fin dai tempi più antichi, si sono utilizzate differenti forme artistiche, mistiche, sensazionali per comunicare alla comunità sentimenti di amore, odio, passione, collera, guerra, pace...

Quindi, ho sempre cercato di collegare la mia arte ad un concetto ambientalista, soprattutto la difesa dei mari, tema a me molto caro. E questo lo si nota dalla restituzione concettuale di una balena senza plastica al mare, fino all’installazione di banchi di bottiglie di plastica fotoluminescenti a simboleggiare l’alienazione del mare. Nel futuro prossimo prevedo non soltanto di utilizzare l’arte come tramite di concetti ambientalisti, ma essa stessa capace attivamente di dare un contributo alla lotta al cambiamento climatico, seppur minimo. Visita il suo sito web enricospadaro.com

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Chiara Grasso

 

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