THE SMILE: UN MURO D'OCCHI OLTRE I RADIOHEAD

THE SMILE: A WALL OF EYES BEYOND RADIOHEAD

Che il progetto The Smile non fosse semplicemente uno spin-off dei Radiohead era chiaro già dopo l’ascolto del loro primo album, “A Light for Attracting Attention”, uscito nel 2022. Se l’esordio conteneva più di un elemento di rimando alla produzione della band di Oxford (con incursioni in territori alt-rock e grintosi episodi post-punk, impreziositi da gioielli semiacustici come “Free in The Knowledge”), in “Wall of Eyes” Tom Yorke e Johnny Greenwood, ossia gli Smile nonché 2/5 dei Radiohead, prendono una traiettoria che marca ancor di più la distanza dal loro progetto principale, rimasto in stand-by dal lontano 2016. Forse, più che di distanza, si può parlare di superamento. Radiohead, prendono una traiettoria che segna ulteriormente la distanza dal loro progetto principale, in stand-by dal 2016. Forse più che distanza, può essere descritta come trascendente.

IL DISCO

smile

"Wall of Eyes" è un album d’atmosfera coeso ed omogeneo, cinematico, da ascoltare per intero come un’opera e, per questo, difficilmente digeribile al primo impatto. Ma è un lavoro che lievita ascolto dopo ascolto, facendo passare l’ascoltatore da uno stato di smarrimento (se non proprio di noia) a uno stato di assuefazione, via-via che le note degli 8 brani che lo compongono diventano più familiari.

Ci troviamo di fronte a canzoni che presentano evoluzioni intriganti e raffinate, con un sound solo in apparenza minimalista e che sa divenire denso e stratificato, regalandoci aperture ariose grazie al lavoro sapientemente eseguito dalla London Contemporary Orchestra (il disco è stato registrato negli Abbey Studios tanto cari ai Beatles, e non è un caso che echi di “A day in the life” risuonino in più di un passaggio).

In tutti i 45 minuti di durata, si avverte un senso di intensità ed evocazione. La chitarra di Grenwood si conferma tagliente e riesce a donare riff spigolosi ai brani, mentre la batteria di Tom Skinner – membro fondatore dei Sons of Kemet – si amalgama benissimo con l’impianto sonoro e, nel suo incidere jazzistico, funge da raccordo ritmico con il timbro vocale di Yorke, che qui appare ancora più alieno, stralunato e maturo nel cantare i suoi demoni (il senso di oppressione tecnologica che emerge nella title-track, o i richiami allo scenario pandemico di “Friend of a friend”) interpretando l’ennesima, riuscita evoluzione di sé stesso.

In un andazzo folk-psych intervallato da fughe prog, arrangiamenti orchestrali e sprazzi di ambient, Wall of Eyes raggiunge il suo climax con “Bending Hectic”, il vero e proprio highlight del disco. Si tratta di una suggestiva ballad che pare uscita dalla colonna sonora di un film degli anni 50, il cui testo narra di un’auto lanciata a grande velocità sulla strada delle Alpi italiane che, in un crescendo d’archi e violini, ad un certo punto esce di strada.

“The ground is coming for me now
Wе’ve gone over the edge
If you’ve got something to say
Say it now”

Per quanto il protagonista non si arrenda e cerchi di riportare la macchina in carreggiata, l’incidente è inevitabile al punto che sembra quasi di avvertirlo fisicamente quando, nel finale, le chitarre esplodono in una coda lancinante.

“Despite these slings
Despite these arrows
I’ll force myself to turn
Turn”

CONCLUSIONI

Quel che resta alla fine dell’album è una sensazione straniante, tipica dell’incapacità di riuscire ad assimilare e decifrare pienamente ciò a cui si è appena prestato ascolto. Un retrogusto dolceamaro di echi lontani, il frutto di un riassemblaggio sonoro di elementi provenienti dal passato che, tuttavia, possono tratteggiare nuovi orizzonti.

E, forse, la sensazione che gli Smile siano la band più importante di questi anni ’20

Wall Of Eyes: voto 8/10

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Scritto da: Jack Div

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