Le rosquillas, il dolce tipico della festa di San Isidro

Le rosquillas, il dolce tipico della festa di San Isidro

Le rosquillas sono tra i prodotti tradizionali gastronomici più famosi di Madrid. Solitamente si consumano nel periodo compreso tra il 1º maggio e la Festa di San Isidoro, che cade il 15 maggio. Qui proponiamo una piccola ricetta della variante “tontàs”,  facilmente riproducibile a casa. Come sempre, accostiamo una canzone da ascoltare e un vino per accompagnare la pietanza. 

rosquillasOgni festa religiosa che si rispetti ha la sua tradizione culinaria: dici Natale e pensi subito al torrone, per esempio. Ma ci sono anche tradizioni legate ai santi, vedi in Italia con le zeppole di San Giuseppe. Così accade in Spagna, dove la festa di San Isidoro (o San Isidro, in spagnolo) è sentitissima soprattutto a Madrid, dove è patrono della città. Chiaramente, è altrettanto forte la tradizione gastronomica di mangiare le rosquillas durante questo periodo. Non è difficile perciò vedere le strade madrilene, nella prima quindicina di maggio, piene di bancarelle con queste ciambelline.

Il culto di San Isidoro è antico e leggendario. Come vuole la tradizione, la festa si svolge a La Pradera de San Isidro. Moltissime sono le persone che ogni anno si recano in pellegrinaggio verso l’Eremo, dove vi è una fontana che resta aperta due volte l’anno: la settimana prima e quella dopo la festa. Secondo la leggenda, Isidoro batté con una bastone una roccia, dalla quale sgorgò una sorgente d’acqua. La fonte si trova nei pressi di Carabanchel, ed è qui che i fedeli si recano in pellegrinaggio.

Le acque di quella sorgente salvarono persino Filippo II, figlio di Isabella di Portogallo. Il principe aveva contratto una febbre letale, ma sembrerebbe che dopo aver bevuto l’acqua dalla fonte la febbre miracolosamente sparì. Così Isabella, per ringraziare il Santo, fece costruire una cappella sull’Eremo. A tutt’oggi, i fedeli si recano in quelle zone per bere quest’acqua benedetta, in segno di devozione.

Ma la gente nei giorni della festa si riunisce anche per ballare, bere e mangiare, tra sacro e profano. Famosissima è il chotis, un tipo di musica danzata dai chulapos; e, come detto poc’anzi, il consumo delle rosquillas la fa da padrone. Ma qual è la loro storia?

Dobbiamo risalire ai tempi dell‘Impero Romano per trovare le prime tracce della loro produzione, poi diffusasi rapidamente sia nel bacino del Mediterraneo che nel resto d’Europa. Ma il collegamento tra la festa di San Isidro e il consumo di rosquillas si deve a una figura altrettanto leggendaria: Tìa Javera. Si dice che la Tìa Javiera fosse originaria o di Fuenlabrada o di Villarejo de Salvanés, due villaggi comunque famosi per la produzione delle ciambelline. Venne per la prima volta a Madrid nel XIX secolo, per la vendita delle rosquillas, proprio in concomitanza della festa del Santo Patrono.

In poco tempo, divenne celebre in tutta la città per la gustosità dei suoi prodotti. Le rosquillas che realizzava infatti, erano uniche: nell’impasto, al posto dello zucchero, vi metteva il liquore. Poi, li inzuppava in uno sciroppo che le caramellava, infine le appendeva alla bancarella con una guita, un cordoncino sottile in canapa.

rosquillasLa zia Javiera non ebbe figli, ma idealmente acquisì tanti nipoti, cioè tutti i pasticceri che intrapresero l’arte delle rosquillas. Javiera è entrata nell’immaginario collettivo non solo della cultura popolare, ma anche della letteratura: la rosquillera compare infatti nel Romancero de la romería de san Isidro, scritto nel 1874  e dedicato a Benito Vicente Garcés, per esempio. Oppure, Ramón Gómez de la Serna racconta, nel suo Elucidario de Madrid, di conoscere una canzoncina popolare che recita:  Pronto no habrá, ¡chachipé! / en Madrid duque ni hortera / que con la Tía Javiera / emparentado no esté! , che tradotto suona più o meno così: presto a Madrid non ci sarà – è la verità! – Né un duca né un inserviente che della zia Javiera non sia parente!

Esistono quattro tipi di rosquillas: le più comuni sono quelle tontàs e lìstas. Le prime sono quelle senza glassa e risalgono orientativamente al Medioevo; le seconde sono glassate con zucchero e limone, e presentano un colorito giallino. Esistono poi le rosquillas de Santa Clara, realizzate dalle monache clarisse e sono fatte di meringa bianca e secca; infine, le cosiddette rosquillas francesi sono quelle che furono create appositamente per la regina Maria Barbara di Braganza. Nell’impasto di quest’ultime si trovano le mandorle tritate; sopra, sono guarnite con dello zucchero a velo.

Quest’anno ahimè non è stato possibile per i madrileni festeggiare San Isidro, per i motivi che tutti sappiamo. Ma qui proponiamo una variante delle rosquillas tontàs, facilmente riproducibile in casa, nell’attesa di poter rivivere di nuovo il magico folclore della festa del Santo Patrono.

Ingredienti (per circa 20 rosquillas)

  •  250 g di farina
  • 2 uova
  • 1 cucchiaio di Sambuca, o essenza di anice
  • 200 g di zucchero
  • 1 e 1/2 cucchiaino di lievito
  • 3 cucchiai di olio
  • Scorza di limone o essenza di limone

Procedimento

Mescolate gli ingredienti secchi. Successivamente, aggiungete le uova, l’olio, l’essenza di anice e impastate, fino a raggiungere un composto compatto. Lasciate quindi riposare l’impasto per 15-30 minuti. Dopodiché, create delle palline e premete sul centro, per creare un foro. Friggetele successivamente in un pentolino con olio, infine disponetele su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso. Cospargetele di zucchero di sopra, mettete su un piatto e buon appetito!

Cosa berci su?

Al sapore zuccherino delle rosquillas, la tradizione prevede l’accompagnamento di un bel bicchiere di vino bianco, preferibilmente della zona di Arganda, a sud-est della comunità. Le uve bianche di maggior qualità sono sostanzialmente due: la malvar e la albillo. Dalla prima si ricavano vini dal sapore fresco e floreale, dalla seconda vini dal gusto più aromatico. La più indicata è senza dubbio la qualità malvar, che contrasta la dolcezza delle ciambelline.

E la musica?

Per entrare ancora di più nello spirito della festa di San Isidro, proponiamo un grande classico della storia della musica tradizionale spagnola: un chotis, per l’appunto. Nella fattispecie, Madrid, ma nella reinterpretazione di Ana Maria Gonzalez. Cantante messicana, diventa famosa proprio per questo pezzo di Augustin Lara.

In Spagna per la sua prima volta, la Gonzalez incide Madrid l’11 maggio 1948. E così ricorda l’ascesa: «Stavo preparando un viaggio in Spagna, il mio primo viaggio. Un mio amico annunciatore mi ha detto che Lara aveva un buon tema: si riferiva, ovviamente, ai chotis. Ho parlato con Agustín Lara e lui ha pensato che sarebbe stato un bene per me presentarlo in anteprima. “Sarà il tuo biglietto da visita in Spagna”, ha detto. E così è stato. A Radio Madrid, accompagnato da una grande orchestra di quaranta maestri, diretta dal Maestro Tejada, l’ho presentata in prima assoluta. È stato un successo immediato, che non mi ha mai lasciato. Da allora non sono più riuscito a toglierlo dal mio repertorio, ovunque mi venga chiesto di farlo».

Ruth Arroyo & Chiara Grasso

Spanish version below ⇓

Las rosquillas son uno de los productos gastronómicos tradicionales más famosos de Madrid. Normalmente se comen entre el 1 de mayo y la fiesta de San Isidoro, que cae el 15 de mayo. Aquí proponemos una pequeña receta de la variante “tontàs”, fácilmente reproducible en casa. Como siempre, combinamos una canción para escuchar y un vino para acompañar el plato. 

Cada fiesta religiosa que se respeta tiene su propia tradición culinaria: uno dice la Navidad y inmediatamente piensa en el turrón, por ejemplo. Pero también hay tradiciones ligadas a los santos, como en Italia con las zeppole di San Giuseppe. Este es el caso de España, donde la fiesta de San Isidro es muy popular, especialmente en Madrid, donde es el santo patrón de la ciudad. Claramente, la tradición gastronómica de comer rosquillas durante este período es igualmente fuerte. Por lo tanto, no es difícil ver las calles de Madrid, en la primera quincena de mayo, llenas de puestos con estas rosquillas.

El culto de San Isidro es antiguo y legendario. Según la tradición, la fiesta tiene lugar en la Pradera de San Isidro. Mucha gente peregrina todos los años a la Ermita, donde hay una fuente que se abre dos veces al año: la semana anterior y la posterior a la fiesta. Según la leyenda, Isidoro golpeó una roca con un palo, de la que brotó un manantial de agua. El manantial se encuentra cerca de Carabanchel, y es aquí donde los fieles van en peregrinación.

Las aguas de ese manantial salvaron incluso a Felipe II, hijo de Isabel de Portugal. El príncipe había contraído una fiebre letal, pero parece que después de beber el agua del manantial la fiebre desapareció milagrosamente. Así que Isabel, para agradecer a la Santa, hizo construir una capilla en el Ermita. Hasta el día de hoy, los fieles van allí a beber esta agua bendita como signo de devoción.

Pero en los días de la fiesta la gente también se reúne para bailar, beber y comer, entre lo sacro y lo profano. Muy conocido es el chotis, un tipo de música que se baila por los chulapos; y, como he dicho antes, el consumo de rosquillas dicta leyes. ¿Pero cuál es su historia?

Hay que remontarse a los tiempos del Imperio Romano para encontrar los primeros indicios de su producción, que luego se extendió rápidamente tanto en la cuenca del Mediterráneo como en el resto de Europa. Pero la conexión entre la fiesta de San Isidro y el consumo de rosquillas se debe a una figura igualmente legendaria: Tìa Javera. Se dice que Tìa Javiera era originaria de Fuenlabrada o de Villarejo de Salvanés, dos pueblecitos que eran famosos por la producción de rosquillas. Llegó a Madrid por primera vez en el siglo XIX, para la venta de rosquillas, precisamente para coincidir con la fiesta del Santo Patrón.

En poco tiempo, se hizo famosa en toda la ciudad por el sabor de sus productos. De hecho, las rosquillas que hizo eran únicas: en lugar de azúcar, puso licor en la masa. Luego, los empapó en un jarabe que usó para caramelizarlos, finalmente los colgó del puesto con una guita.

La tía Javiera no tuvo hijos, pero lo ideal sería que adquiriera muchos nietos, es decir, todos los confiteros que introdujeron el arte de las rosquillas. Javiera entró en el imaginario colectivo no sólo de la cultura popular, sino también de la literatura: la rosquillera aparece de hecho en el Romancero de la romería de san Isidro, escrito en 1874 y dedicado a Benito Vicente Garcés, por ejemplo. O, Ramón Gómez de la Serna cuenta, en su Elucidario de Madrid, una canción popular que cuenta: Pronto no habrá, ¡chachipé! / en Madrid duque ni hortera / que con la Tía Javiera / emparentado no esté!

Hay cuatro tipos de rosquillas: las más comunes son las tontás y las listas. Las primeras son las que no tienen glaseado y datan de la Edad Media; las segundas están glaseadas con azúcar y limón, y tienen un color amarillento. Luego están las rosquillas de Santa Clara, hechas por las monjas Clarisas y hechas de merengue blanco seco; por último, las llamadas rosquillas francesas son las que fueron creadas especialmente para la Reina María Bárbara de Braganza. En la mezcla de estas últimas están las almendras picadas; en la parte superior, se adornan con azúcar glasé.

Este año no fue posible para el pueblo de Madrid celebrar San Isidro, por las razones que todos conocemos. Pero aquí proponemos una variación de las rosquillas tontàs, fácilmente reproducibles en casa, esperando revivir de nuevo el mágico folclore de la fiesta del Santo Patrón.

Ingredientes (para unas 20 rosquillas)

250 g de harina
2 huevos
1 cucharada de Sambuca, o esencia de anís
200 g de azúcar
1 y 1/2 cucharadita de levadura
3 cucharadas de aceite
Cáscara de limón o esencia de limón

Preparación

Mezcla los ingredientes secos. Luego, agregue los huevos, el aceite, la esencia de anís y amase hasta obtener una mezcla compacta. Luego deja que la mezcla descanse durante 15-30 minutos. Después de eso, crea bolas y presiona en el centro, para crear un agujero. Luego se fríen en una cacerola con aceite, y se colocan en un papel absorbente para eliminar el exceso de aceite. Espolvoréalos con azúcar, ponlos en un plato y disfruta!

¿Qué hay que beber en él?

Con el sabor azucarado de las rosquillas, la tradición prevé el acompañamiento de un buen vaso de vino blanco, preferentemente de la zona de Arganda, al sudeste de la comunidad. Las uvas blancas de mayor calidad son básicamente dos: malvar y albillo. El primero produce vinos con un sabor fresco y floral, el segundo vinos con un sabor más aromático. La más adecuada es sin duda la calidad malvar, que contrasta con la dulzura de los donuts.

¿Y la música?

Para entrar aún más en el ánimo de la fiesta de San Isidro, proponemos un gran clásico de la historia de la música tradicional española: un chotis, de hecho. En este caso, Madrid, pero en la reinterpretación de Ana María González. El cantante mexicano, se hace famoso por esta misma pieza de Augustin Lara.

En España, por primera vez, González grabó en Madrid el 11 de mayo de 1948. Y así recuerda el ascenso: “Estaba preparando un viaje a España, mi primer viaje. Un presentador amigo mío me dijo que Lara tenía un buen tema: se refería, por supuesto, a los chotis. Hablé con Agustín Lara y pensó que sería bueno que lo presentara por adelantado. “Será su tarjeta de visita en España”, dijo. Y así fue. En Radio Madrid, acompañado de una gran orquesta de cuarenta maestros, dirigida por el Maestro Tejada, la presenté en estreno. Fue un éxito inmediato, que nunca me abandonó. Desde entonces nunca he podido sacarlo de mi repertorio, dondequiera que me lo pidan”.

 

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