Il libro, straordinario strumento di conoscenza della realtà
Un libro – in formato 20 x 10 e rigorosamente di cento pagine – oggi può solo essere usato per donare un certo equilibrio visivo ai tavoli dei nostri apericena. O al massimo, nei casi migliori, il libro fa scenografia in certe case pretenziose. Il mondo editoriale è tutt’al più digitalizzato, e non più appannaggio del mondo erudito: ma questa è solo l’ultima tappa di un lungo cambiamento del nostro rapporto con un libro. Un rapporto già rivoluzionario, che nel passato ha cambiato il nostro modo di pensare alla realtà e di viverla. Scopriamo insieme quali potrebbero essere i possibili futuri scenari della fruizione di questo meraviglioso strumento.
Qualche cenno storico
Il libro nasce come un manoscritto in primis. Solo successivamente, con l’avvento della stampa, è stato possibile riprodurlo, rendendolo così spendibile in una società. Ma il libro, per considerarsi fermento sociale, ha dovuto rispettare precisi tempi storici e culturali di presa in carico del suo utilizzatore finale. Col fine ultimo di democratizzare conoscenze e informazioni, l’uso del libro via via è cambiato rispetto allo sviluppo della quantità e qualità dei lettori. Il mutamento ha tenuto conto anche del sistema di pensiero e delle esigenze dei consumatori, così come incisivo è stato il contesto storico e culturale.
La storia del libro come «merce» e strumento di diffusione del sapere deve la sua fortuna anche alla cosiddetta Repubblica delle lettere. A capo troviamo gli eruditis orbis, ovvero la comunità dei dotti, portavoce dei comuni interessi intellettuali. La loro missione si estendeva su tutta la terra, ovunque regnasse «mitezza di costumi e buone maniere». Con la Repubblica delle lettere, che assunse già nel nome la serietà di un’espressione politica istituzionalizzata, si consolidò il concetto di Europa che conosciamo ancora oggi: un unico spazio intellettuale comunicante, nato dalle differenze e dalle lacerazioni.
Questo stato, seppur mosso dalla generosità comunicativa, rimaneva pur sempre un’élite consapevole. Infatti, la Repubblica intesseva in tutta Europa una rete di scambi e doni, quali appunto libri e manoscritti. Erano anche diffuse opere omnia, biografie, ritratti; infine, lettere e carteggi, considerati mezzi principi della diffusione delle informazioni. Comunicare attraverso epistolari consentiva l’accaparramento del favore di colleghi lontani, senza considerare che in questo modo si ottenevano facilitazioni economiche per la pubblicazione delle proprie opere. Fondamentale fu quindi la ricerca di mecenati illustri, anche per fornire e ricevere indicazioni più dettagliate sugli studi in corso.
L’invenzione della stampa nel 1455 segnò un punto di svolta: dal manoscritto si passò dal manoscritto agli incunaboli. Dunque, l’arte della legatoria divenne un processo semplificato. Il grosso cambiamento si ebbe con la rivoluzione industriale e l’inserimento nelle fabbriche delle primi cucitrici meccaniche a vapore. Ma queste novità non vanno totalmente idealizzate sotto il vessillo del progresso: la deformazione classista che sottostà all’imposizione – apparentemente innocente – dell’evoluzione, rende il mondo che orbita attorno alla stampa l’antesignano delle successive proteste sindacali. La fatica incessante degli operai, che stampavano mediante compressione con il torchio, era il prezzo da pagare per garantire rapidità di esecuzione e sicura collocazione commerciale. Ogni giorno quegli uomini del Cinquecento e del Seicento, lavorando da dodici a sedici ore, dovevano imprimere da 2500 a 3500 fogli, per una media di circa un foglio tirato ogni venti secondi.
E oggi?
Ma lo strumento “libro”, nonostante la tanta virtualità di oggi, non ha perso la sua caratteristica elitaria. Se il web resta ancora un mondo incerto e comunque incompleto, è il supporto fisico, la carta, la ricerca e la selezione del lettore pensante ad essere uno dei modi più soddisfacenti per esperire qualche certezza, in una realtà che non ne ha più. Mentre il web è il campo di battaglia, dove si naviga a vista, dove la conoscenza è sempre e solo informazione (e spesso non autentica), è il libro cartaceo ad essere, ancora una volta, un porto sicuro di approdo. A patto però che si metta in conto che può non bastare il tempo di un click, piuttosto c’è bisogno di un concreto investimento economico.
Probabilmente, un lettore dell’attuale generazione concepisce il mondo scritto solo come un’immagine virtuale su uno schermo. Potrebbe anche bastargli, se non fosse necessario completare il processo di conoscenza attraverso un supporto fisico cartaceo; ma se la realtà è solo quella che viene percepita dalla coscienza personale, allora anche il mondo scritto, sia esso cartaceo o virtuale, non esiste al di fuori della percezione del lettore.
Quest’ultimo è un soggetto produttore di senso, quando si rapporta alla lettura. L’atto di leggere è azione di desiderio: è un diritto, ma è il singolo lettore che imprime a questa azione un significato che varia, in termini di fini ed intensità. Oggi non c’è più bisogno del fruscio delle pagine, dell’odore delle carta, per migliorare il desiderio della lettura: un file può sostituire l’oggetto fisico e la sua forma. Ma il mondo scritto acquisisce un senso solo quando il lettore, che usa il suo diritto di lettura per aprire spazi di interrogazione e di meditazione, scopre gli arcani nascosti di un libro.
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English version below ⇓
A book – in 20 x 10 format and strictly one hundred pages – today can only be used to give balance to our apericena tables. In addition, the book decorates pretentious houses. The publishing world is at its most digitized, and no longer a scholarly world prerogative. But this is only the last change in our relationship with a book. This is a revolutionary relationship, which in the past has made different our way of thinking. Let’s discover together what the possible future scenarios for the use of this wonderful instrument could be.
A few historical references
Firstly, the book was born as a manuscript. Only later, with the coming of printing, it was possible to reproduce it; thus, it was made usable in a society. The book, in order to be considered a social upheaval, had to respect precise historical and cultural timescales for its end user. The use of books has gradually changed by comparison with the development of the quantity and quality of readers. This change also took into account the system of thought and the needs of consumers, as well as the historical and cultural context.
The history of books as a “commodity” and a medium for spreading knowledge also owes its success to the so-called Republic of Letters. The head of Republic were the eruditis orbis, the spokesmen of common intellectual interests. Their mission extended over the whole earth, wherever “mildness of morals and good manners” reigned. With the Republic of Letters, which already assumed in its name the seriousness of an institutionalised political expression, the concept of Europe that we still know today was consolidated: a single communicating intellectual space.
This state, even if it was motivated by communicative generosity, still remained a conscious elite. Indeed, the Republic interweaved with Europe a network of exchanges and gifts, such as books and manuscripts. There were also opere omnia, biographies and portraits. Even correspondence, the main mean for the diffusion of information. The communication through epistolaries allowed economic funding for the publication of their works. The search for illustrious patrons was therefore fundamental, also to provide and receive more detailed information on the studies underway.
The invention of printing press in 1455 marked a turning point: manuscript started to be incunabula. Thus, the art of bookbinding became a simplified process. This big change it was possible thanks to the industrial revolution, and the introduction of the first mechanical steam staplers in the factories. But these innovations should not be totally idealised under the banner of progress. The endless effort of the workers, who printed by compression with the press, was the price to pay to ensure speed of execution and safe commercial placement. Every day those men of the sixteenth and seventeenth centuries, working twelve to sixteen hours, had to print between 2500 and 3500 sheets, for an average of about one sheet pulled every twenty seconds.
What about today?
Despite today’s virtuality, the book has not lost its elitist characteristic. If the web is still an uncertain and incomplete world, the research and the selection of the paper-based book by the reader are the most satisfying ways to experience some certainty, in a reality that no longer has any. While the web is the battleground, where knowledge is only information (and in some cases is not authentic), once again it is the paper book a safe heaven. However, we have to consider that this research may not take just one click, but rather a concrete economic investment is needed.
A reader of today’s generation probably sees the literary world only as a virtual image on a screen. It might even be enough for him, if it were not necessary to complete the process of knowledge through a physical paper medium; but if reality is only what is perceived by personal consciousness, then the written world, whether paper or virtual, does not exist outside the reader’s perception.
The latter is a person who makes meaning-making subject, when he or she relates to reading. The act of reading is an action of desire. It is a right, but the individual reader gives to this action a meaning that is different, in terms of purpose and intensity. Today there is no longer any need for the rustling of pages, the smell of paper, to improve the desire to read. A file can replace the physical object and its shape. But the literary world becomes meaningful only when the reader, who uses his right to read to open spaces for questioning and meditation, discovers the hidden secrets of a book.
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